Cosa spinge milioni di persone, in tutto il mondo, a rivolgersi alla fede nei momenti di difficoltà? È solo una questione di spiritualità o dietro a questa scelta si nascondono anche benefici concreti per la mente e il corpo? Negli ultimi anni, scienziati e studiosi hanno iniziato a esplorare con maggiore attenzione il legame tra fede e salute mentale, rivelando come la spiritualità possa influenzare positivamente – o, in alcuni casi, negativamente – il nostro benessere psicofisico. Su un tema tanto affascinante quanto complesso, abbiamo intervistato lo psicologo Cristian Pagliariccio dell’Ordine degli Psicologi del Lazio.
Quali sono gli effetti psicologici più comuni della fede nella vita delle persone, soprattutto in situazioni di stress o difficoltà?
Secondo recenti studi, come quello condotto da Yamada et al. (2020), molte persone considerano la fede un elemento positivo che contribuisce alla loro salute mentale. In particolare, la fede può favorire la resilienza, aiutando a trovare un significato anche nelle esperienze più dolorose; generare speranza e accettazione degli eventi, alleviando lo stress legato a situazioni difficili; e creare un senso di appartenenza attraverso il legame con una comunità religiosa, mitigando il senso di isolamento. Tuttavia, il rapporto con la fede può essere ambivalente. Per alcune persone, credenze rigide o un'interpretazione severa delle regole religiose possono intensificare sensi di colpa o stati d'ansia. Questo sottolinea la complessità della relazione tra spiritualità e salute mentale, influenzata da fattori personali e culturali.
La preghiera può essere considerata una pratica terapeutica? Se sì, in che modo influisce sul benessere psicofisico?
Probabilmente è meglio considerare la preghiera come una pratica spirituale piuttosto che terapeutica. Tuttavia, studi come quello di Stöckigt et al. (2021) evidenziano alcuni benefici della preghiera, come il sollievo temporaneo da preoccupazioni e pensieri negativi, grazie alla concentrazione sulla ripetizione di formule ma anche l'induzione di uno stato di rilassamento, che può ridurre lo stress mentale. La preghiera può offrire un conforto importante, ma non dovrebbe sostituire la terapia psicologica o psichiatrica. La distinzione tra spiritualità e terapia è cruciale per evitare di ritardare interventi professionali necessari, così come è importante non medicalizzare le crisi spirituali, che richiedono un approccio più orientato al supporto religioso o spirituale.
Esistono evidenze scientifiche sul legame tra pratiche spirituali e la riduzione di ansia o depressione?
Sì, ma le evidenze sono spesso legate a specifici contesti o pratiche. Studi su pratiche orientali, come la meditazione, mostrano effetti positivi sulla salute mentale, ma anche la spiritualità occidentale offre benefici, in particolare attraverso il senso di appartenenza a una comunità religiosa, che può contrastare l'isolamento, una delle cause principali di ansia e depressione. Inoltre, la partecipazione a riti e celebrazioni genera un senso di connessione e benessere sociale. Sebbene queste pratiche possano ridurre i sintomi di ansia o depressione in modo soggettivo, non possono essere considerate un trattamento universale. Gli effetti benefici dipendono in gran parte dal significato personale attribuito alla fede e dal supporto comunitario.
In definitiva, la fede è una forza potente che, per molti, offre speranza e conforto in momenti di difficoltà. La sua capacità di influenzare la salute mentale dipende da un delicato equilibrio tra convinzioni personali, comunità di riferimento e approcci terapeutici. Riconoscerne i benefici senza idealizzarla come unica soluzione permette di integrare la spiritualità in un percorso più ampio di benessere psicofisico.